domenica 31 marzo 2013

LA BASILICATA PATTUMIERA SI RIBELLA





Dopo il nucleare, dopo le mille trivelle in Val d'Agri e l'incalzante richiesta di nuovi permessi per la ricerca di petrolio nel mare Jonio,  dopo la lunga  vicenda Fenice la Basilicata dice NO agli appetiti dei petrolieri che vorrebbero avviare estrazioni a tappeto finanche nel Vulture - Melfese. A protestare, esprimendo totale disappunto per i nuovi permessi ora soltanto richiesti ma facilmente ottenibili, è il responsabile di Federparchi lucana, Domenico Totaro presidente del Parco nazionale dell'Appennino lucano Val d'Agri Lagonegrese. 
Uno sfregio al territorio e alle sue ricchezze. Le trivelle nel Vulture decreterebbero la morte di un'area di grandi tradizioni con una enorme capacitá produttiva nel settore dei vini e del turismo. Ma anche nell'imbottigliamento di acque minerali che provengono dalle viscere dall'antico vulcano esploso ben ottocento mila anni addietro. 
Una sciagura, insomma, per giunta irreparabile. 
A questo punto il problema è uno solo: governo nazionale e regione Basilicata non possono per un verso tutelare le ricchezze del territorio e contemporaneamente elargire a piene mani permessi di ricerca di idrocarburi per un numero imprecisato di trivelle ammesse finanche nei parchi, con la scusa banale che erano state autorizzate prima della perimetrazione delle varie aree protette. 
Una politica dei "due tempi" sarebbe una politica oltretutto miope e ipocrita. Una politica dissennata e infame proprio nel momento più acuto della crisi, destinata a pesare sulle famiglie ma anche su intere popolazioni. Quelle lucane anzitutto. 
E dire che i meccanismi di controllo per garantire piena tutela al territorio esistono eccome. Almeno sulla carta. L'Arpab (che non è più quella del silenzio assenso) ha al suo vertice un direttore generale proveniente dalla stirpe dei Vita ed è quanto mai interessato a cambiare registro promuovendo, se non proprio una rivoluzione in piena regola, almeno un cambiamento di rotta  inequivocabile. Per tutte le inadempienze vere o potenziali Raffaele Vita dà torto alla  politica e dice che bisognerebbe appunto cominciare a cambiare il modo di gestire e amministrare, giacché molte responsabilità sono proprio in capo a lor signori.  Quelli che contano, beninteso! 
Si, d'accordo. Un conto è l'Arpab, un altro conto sono le operazioni stratosferiche delle compagnie petrolifere che vengono da molto lontano e guardano molto lontano...
Quali  gli interessi in campo? Naturalmente enormi. Chi mai, ad esempio, ha osato chiedere quali sono gli introiti delle compagnie che estraggono petrolio ad libitum  senza dar conto a chicchessia? Nessuno. Assolutamente nessuno si è mai preoccupato di un aspetto del genere. Al riguardo un ufficiale della Guardia di Finanza mi faceva notare, qualche tempo addietro, l'impossibilità di esercitare un controllo sulle effettive estrazioni di greggio dal sottosuolo lucano, in assenza di una precisa normativa in tal senso. Il rischio? Quello che le fiamme gialle potessero incorrere addirittura in una forma di grave abuso delle loro specifiche funzioni. 
A dir poco incredibile, ma purtroppo vero.  Terribilmente vero. 

sabato 30 marzo 2013

INQUIETANTE IL SEGRETO DI STATO SUL NUCLEARE DI ROTONDELLA




Circola in questi giorni una notizia a dir poco  sconvolgente.  Tutta l'operazione di bonifica del sito Itrec a Rotondella sul mare Jonio (l'area destinata in passato al trattamento e al riprocessamento del combustibile nucleare in Trisaia) sará coperta dal segreto di Stato. Vale a dire non sará condotta alla luce del sole, non saranno fornite informazioni agli enti territoriali interessati, le popolazioni non avranno diritto di sapere assolutamente nulla. I giornalisti e gli occhi indiscreti dovranno stare lontani, pena una denuncia per violazione del segreto. Ci si chiede inevitabilmente se non siano altri i destini del centro costiero, altri i progetti, altre le intenzioni del governo...
Il generale Carlo Jean, uomo di punta di Sogin, aveva annunciato negli anni scorsi il cronoprogramma per riportare Trisaia a prato verde per  la sua bonifica totale, senza  per nulla accennare alla segretezza del complesso intervento. Per l'operazione sono disponibili milioni di euro di denaro pubblico in questo Paese disastrato dalle crisi politiche e incapace di dare nuova linfa alla sua economia, in questa Basilicata senza lavoro che non riesce a imboccare la strada dello sviluppo nonostante le ingenti risorse di cui dispone. 
Naturalmente altri siti nucleari, non solo quello lucano, rientrano nei progetti segreti della Sogin.
C'è da avere fiducia per il futuro? La bonifica dell'Itrec, se di bonifica si potrà parlare, sará condotta fino in fondo e con sistemi tali da evitare che la radioattività possa contaminare soprattutto le aree ed i terreni della costa ma non solo? Interrogativi inquietanti. Domande senza risposta. 
La notizia del segreto di Stato, fornita dal Ministero dello sviluppo economico, ha fatto il giro dei giornali e delle redazioni ma è stata sottovalutata dall'opinione pubblica in particolare per Trisaia. Qual è stato finora e qual è  il ruolo di Arpab e Regione Basilicata nella complessa vicenda della gestione dei materiali nucleari tuttora presenti nel centro del materano. 
Per giunta Trisaia rappresenta un capitolo tormentato della storia del Sud. Il vasto insediamento sulla costa Jonica,  sorto per venire incontro alle esigenze degli Usa negli anni Cinquanta - Sessanta per il riprocessamento del combustibile nucleare della centrale di Elk River nel Minnessota, si è trasformato in una mina vagante. I risultati di una inchiesta della Procura di Matera, disposta da Nicola Pace,  e condotta da un gruppo di esperti  coordinati da un ufficiale dei carabinieri, parlano di gravi irregolarità e addirittura di una gestione dell'impianto Itrec di Rotondella in palese violazione delle leggi protrattasi per anni e anni. Conclusioni rimaste nel cassetto e che non hanno prodotto alcun risultato concreto. Incredibile! 
In Trisaia si respira da sempre l'aria del mistero: bocche cucite, dipendenti dell'Enea in pensione contrari  a parlare. Difficoltá a chiedere e ottenere informazioni. Un clima cupo e irrespirabile. 
La veritá sul nucleare lucano non la si conoscerá mai. Perchè il nucleare nasconde i suoi misteri e rientra in uno scenario internazionale tutt'altro che facile. Sicchè la promessa di Raffaele Vita, attuale direttore generale dell'Arpab, di determinare delle svolte e di fornire certezze vere, non illusorie, per la tutela dell'ambiente  rimane un pio desiderio. La sfida di una mosca a un elefante. 

martedì 26 marzo 2013

"RAGAZZI NON SIETE INUTILI, SIETE IRRIPETIBILI"



Don Tonino Bello, il compianto vescovo pugliese che continua a far parlare di sè a venti anni dalla morte, è davvero l'asse portante della speranza, il punto di riferimento per i giovani che in lui hanno sempre trovato più di un padre. Una bussola, un faro luminoso. 
Ormai da tempo la vita del vescovo scomparso è al centro di tante iniziative volte a illustrare la sua capacità di tradurre il Vangelo in atti concreti: intendere la  fede come una base di riferimento per la vita è un traguardo da raggiungere. Ogni giorno, ogni istante. 
Di questo e molto altro ha discusso a Matera Francesco Lenoci, economista, docente alla Cattolica di Milano impegnato a divulgare in Italia e all'estero la figura di don Tonino, il vescovo della povera gente e dei diseredati. 
Mettere insieme impresa e fede è l'obiettivo di Lenoci, con l'occhio rivolto alle giovani generazioni. La sua conferenza, organizzata a Matera nella sede arcivescovile indica, infatti, un traguardo ambizioso, una serie di riflessioni sulle basi dell'economia nel  rapporto con la società di oggi e con i protagonisti. E naturalmente con la crisi. Questa crisi che distrugge, disorienta le coscienze, mette in ginocchio i pensieri. Rischia di annullare finanche le speranze di chi si affaccia alla vita. 
Lo stato di salute delle imprese, osserva Lenoci, riflette una gran mole di problemi ma consente di guardare a quella operatività mai venuta meno, come hanno dimostrato le testimonianze di alcuni imprenditori presenti alla conferenza. 
Per crescere occorre spalancare la finestra del futuro. Quale futuro? Quello che dovrà nascere dalla depressione in atto. Dagli errori del passato, raccogliendo le migliori energie e dando prova di una forte volontà di cambiare la vita. Ecco il monito rivolto ai politici, ma non solo. Soprattutto alle forze attive della società. 
"Se vuoi andare veloce devi correre da solo. Ma se vuoi andare ancora più veloce devi correre insieme agli altri." Una regola di vita e non solo una fredda analisi della situazione in atto che sembra non lasciare spazio al l'ottimismo. Ma nel momento in cui fede e scienza convivono, nel momento in cui le volontà diventano azione,  la vita cambia. La società muta il suo indirizzo e alla crisi si sostituisce la forza delle idee. Capace di superare qualunque difficoltà. Ecco il messaggio di don Tonino Bello, vescovo e maestro di vita. Sacerdote e messaggero del Cristo.

mercoledì 20 marzo 2013

RESTIVO ALLA SBARRA A SALERNO. MA CHI LO HA AIUTATO?





Esattamente come l'omelia, pronunciata in occasione dei funerali di Elisa Claps quel 2 luglio 2011, così la lettera che don Marcello Cozzi ha inviato a Danilo Restivo, in questi giorni del processo di Salerno,  incarna la ribellione della coscienza umana verso un delitto così barbaro.  Verso una condotta fatta di silenzi e di losche coperture. 
Come quel 2  luglio, davanti a una folla commossa, anche oggi con lo stesso fervore e la stessa tensione morale, il vice presidente di Libera chiede a gran voce a Restivo di fare i nomi di quanti lo hanno coperto e protetto in questi anni.  
Una richiesta che non sarebbe soltanto utile all'esito del dibattimento, ma servirebbe piuttosto a strappare la maschera a quanti hanno  dato man forte all'assassino della ragazza potentina. Cosa sconvolgente. Un vero terremoto per una città di provincia e per il suo perbenismo fin troppo ostentato?   Probabilmente si. 
Il tono usato da don Marcello serve a stanare i colpevoli, a mettere ciascuno davanti alle proprie responsabilitá: anche quelli che sono contrari da sempre a che si faccia piena luce su uno degli episodi più atroci verificatisi in Basilicata, a Potenza, dal dopoguerra ad oggi. Insomma una violenta scossa di terremoto in seguito  alla quale nulla rimane come prima. 
"Nessuno  finora ci ha detto chi ti ha aiutato quel giorno, chi ha occultato la povera Elisa, e chi poi negli anni successivi non ha fatto nulla per arrestare la tua corsa. Durante il  processo di sicuro ti difenderai, e forse dirai ancora, per l'ennesima volta, una delle tue tante verità. È un tuo diritto."
Don Marcello attende  una risposta. Una risposta che la magistratura italiana (e non quella inglese) deve assolutamente dare. Una risposta che non può non arrivare, pena il crollo di quelle certezze dalle quali dipende la fiducia dei cittadini in una giustizia vera e non solo a metá. Una giustizia capace di fare il suo corso. 
"Ho passato anni, non ti nascondo, a chiedermi se ci fosse dentro di te un confine tra la follia e la normalità, e a capire dove collocarlo, per cercare – per quanto possibile – di avere un appiglio che mi permettesse, di certo, non a giustificare ma almeno a comprendere." 

martedì 19 marzo 2013

LA CRISI DEL CORRIERE, COLPA DELLA BUFERA CHE IMPERVERSA




Due giorni di sciopero dei giornalisti del Corriere della Sera. Una protesta  contro tagli e ridimensionamenti della storica testata decisi dalla proprietá, in un momento delicatissimo in cui il bisogno di informazione è quanto mai alto e l'esigenza di un confronto sulle prospettive che si aprono davanti al Paese diventa inevitabile. 
Il sindacato attribuisce alla Rcs MediaGroup delle scelte quanto meno sbagliate e rischiose, a cominciare dall'acquisto del gruppo spagnolo Recoletos, con centinaia di milioni di debiti. Cosa che, sostengono autorevoli fonti sindacali, ha contribuito a mettere in ginocchio la stabilitá del giornale, arrivando a compromettere seriamente il suo futuro.
Non è la prima volta che, nel bel mezzo di una crisi lacerante, si assiste a operazioni pericolose, peraltro in molti casi con lauti regali a manager e dirigenti che hanno portato a casa riconoscimenti in denaro, stipendi da favola e buonuscite da capogiro.   
Incredibile. La crisi del Corriere è certamente il risultato perverso di una situazione tragica dell'economia del Paese esposta a qualunque sviluppo negativo. E dire che un manipolo di esperti di altissimo livello, a cominciare dal Presidente del Consiglio, si sono presi cura, a loro dire,  non solo di risanare la situazione economica, quanto di introdurre  criteri di gestione  improntati a serietà  e lungimiranza.  Avevano promesso una svolta. La svolta in realtà c'è stata a danno delle famiglie, dei meno abbienti, dei disoccupati, delle migliaia di precari che continuano a vivere periodi difficilissimi della loro vita. Il Paese non riesce a guardare avanti, a pensare al domani di milioni di persone. Altro che la Grecia. 
A questo punto i giochi della politica non hanno alcun significato. Se nel secolo scorso le ideologie avevano governato le scelte dei cittadini, oggi siamo ad una situazione ben diversa e ben più allarmante. Una situazione davanti alla quale la crisi rivela il suo volto peggiore e minaccia di trasformarsi, se già non lo è, in una crisi permanente in cui l'unica moneta possibile e l'unico linguaggio accettabile sono la corsa sfrenata ai profitti e la messa in sicurezza di beni destinati a pochi. Il resto non conta. I miliardi di euro delle banche internazionali stanno lì ben custoditi. È non solo quelli. 
Quale svolta dunque c'è da attendere fintanto che non si manifesta nei fatti una effettiva presa di coscienza da parte delle forze politiche, nel senso di decisioni urgenti e condivise all'altezza della sfida in atto? 
Lo stato di confusione predominante è il peggior segnale che si potesse avvertire. La lotta per le poltrone e il potere è addirittura destabilizzante soprattutto a livello dei cittadini. Che sono e rimangono impotenti difronte a scenari del genere. 
Massimo Cacciari si dichiara scettico rispetto a una  possibile e imminente fine della neonata legislatura. Il motivo? Troppi interessi e troppi appetiti tengono i "rappresentanti del popolo" legati alle rispettive poltrone. Forse non sbaglia. 

domenica 17 marzo 2013

PARCO DELL'APPENNINO, ASPETTANDO LA CARTA EUROPEA DEL TURISMO


                                                             Il Giubileo con la neve


Gli operatori turistici del Parco nazionale dell'Appennino lucano attendono  che l'adesione alla Carta europea del turismo produca gli effetti desiderati. Anzitutto che mobiliti nuove risorse e nuove energie capaci di assicurare flussi di visitatori qualificati: non un turismo da picnic, ma un interesse vero per le caratteristiche naturali dell'area. Per le sue peculiarità. Su questo tema si batte da sempre il presidente dei Direttori d'Albergo della Provincia di Potenza, Michele Tropiano, che ha in programma una conferenza stampa volta a illustrare alcuni  degli  obiettivi prioritari. 
Si batte anche, con molto vigore, il direttore del Giubileo hotel di Rifreddo, Antonio Giubileo.
Direttore, cosa in concreto aspettate dall'adesione del Parco alla Carta europea del turismo? 
"Attendiamo un spinta che incoraggi il turista a venire nei meravigliosi luoghi del Parco nazionale. Ci sono tante località di grande pregio che se soltanto fossero al Nord avrebbero un altro peso e un rilievo ben diverso. Il turismo per noi è tutto. Ne ho discusso anche con il responsabile dell'Apt, Gianpiero Perri, al quale chiediamo iniziative concrete in grado di divulgare e promuovere, ad esempio, il turismo culturale. La conoscenza delle aree archeologiche, ma non solo. Anche le alte quote. Il Sirino, come il Volturino, il Raparo includendo la montagna di  Rifreddo."
Al di lá delle vostre richieste, ritenete ci sia un ruolo specifico delle istituzioni, a cominciare dalla Regione, prima di tutto?
"Certamente. La Bit di Milano è stata una parentesi importante. Ma la Borsa internazionale del turismo diventa, una volta l'anno, una vetrina in cui  le caratteristiche della nostra terra passano inevitabilmente in second'ordine. Dobbiamo cercare occasioni finalizzate davvero alla Basilicata, occasioni in cui si parli del Parco  nazionale. Ma sul serio. Non marginalmente, trovando le risorse per farlo."
Si riferisce probabilmente alle royalties del petrolio? 
"Senza alcun dubbio. È il caso di auspicare che finalmente questo denaro sia utilizzato anche, starei per dire soprattutto, per favorire una conoscenza delle nostre realtá per nulla superficiale. In che modo? Ponendo in essere politiche capillari sul territorio nazionale e non solo. E poi pubblicizzando al massimo una terra che ha grandi ricchezze."
Le chiedo: c'è da sperare che qualcosa possa accadere sul serio? 
"Mi auguro di si, anzi sono fiducioso. Al punto in cui ci troviamo le promesse non servono più. Il mondo cambia e noi non possiamo rimanere al palo con tutto questo ben di Dio, rappresentato da una terra ricca di potenzialità ma povera di iniziative all'altezza di una posta in gioco, in grado di garantire un domani diverso."

giovedì 14 marzo 2013

UN DIALOGO APERTO CON IL MONDO




Papa Francesco primo cittadino della chiesa universale. La chiesa degli emarginati, dei poveri, di chi non trova nella vita la spinta per andare avanti. Con la sua figura semplice e dignitosa Lui rappresenta il Cristo in terra e si rivolge subito "a voi e a tutti gli uomini di buona volontá". Non poteva esserci esordio più autorevole. Saluto più bello. 
Il nuovo Pontefice a tu per tu con l'umanità che continua ad acclamarlo sapendo bene di avere una guida sicura che non mancherà di far vivere il Vangelo e di rivolgersi ai potenti, agli umili, ma anche ai diseredati con un messaggio di pace e di amore. Francesco ha portato infatti il suo amore per il prossimo e la semplicità di un italoargentino: semplice e gioviale come la gente di Buenos Aires, la cittá infinita che  accoglie il turista o il visitatore dandogli in maniera genuina il benvenuto.  Arrivando con l'aereo a Ezeiza, l'aeroporto della capitale, si coglie infatti tutto il piacere di una terra autentica. Una terra dalle grandi attese. La patria del nuovo Papa, che va fiero anche del suo cognome italiano e delle sue origini piemontesi. 
Al momento della elezione c'era in Argentina un collega, Gianfranco Bianco della redazione Rai di Torino, che ha fatto la cronaca di quei momenti vissuti nella terra del Sud del mondo, dove soddisfazione e piacere per il nuovo Papa hanno voluto significare un sogno realizzato. Un meta raggiunta. Un obiettivo guadagnato dopo anni di enormi sacrifici. 
La fede del popolo argentino è davvero grande: nelle chiese, nei santuari, nelle cattedrali di Buenos Aires ma anche dei centri minori si raccolgono migliaia di fedeli per pregare con dignitá e fiducia nel domani. Dignitá e fiducia premiate con l'elezione di Papa Bergoglio che rappresenterá certamente una svolta, facendo avvertire che la chiesa viva e vera è accanto a tutti gli uomini. Esattamente come Gesù Cristo che affianca persone umili e semplici, senza distinzione di razza nè di colore della pelle. 

mercoledì 13 marzo 2013

HA SCELTO IL NOME DI FRANCESCO





Papa Bergoglio sceglie il nome di San Francesco, predilige l'umiltá del poverello di Assisi, parla al popolo del mondo con la semplicitá dei grandi. E chiede alla folla immensa di pregare  per lui con un gesto familiare che lo fa sentire romano tra i romani, lui che è giunto a Roma da Buenos Aires, terra fantastica e sterminata. Un paese dal grande cuore, esattamente come ciascuno degli abitanti di quella nazione lontanissima ma ora certamente più vicina e  familiare per ciascuno. 
Un uomo che mette insieme scienza e fede, chimica e filosofia. Un grande papa sin dalle prime battute. Sin dal momento in cui ha detto alla gente: buonanotte e buon riposo dopo aver recitato le preghiere. E poi un arrivederci a presto, sincero e spontaneo come tutti gli argentini e soprattutto come gli italo argentini. 

domenica 10 marzo 2013

UN NUOVO SESSANTOTTO




C'è chi considera la vittoria di Grillo come un terremoto di una violenza inaudita. E chi, al contrario, cerca frasi e motivazioni per far entrare il risultato delle elezioni di febbraio nell'alveo di una certa "normalità", più o meno prevedibile. Più o meno contigua al sistema. In ogni caso da studiare sociologicamente e politicamente per poi inquadrarla e definirla.
Ma c'è anche chi, a cominciare da Lucia Annunziata, si  sforza di far capire a Susanna Camusso, leader della CGIL,  ospite della trasmissione In mezz'ora, che il terremoto c'è stato e che ora si evita finanche di fare un'analisi mettendo i piedi nel piatto e con un realismo  degno della posta in gioco. Un realismo davvero straordinario, fuori da certa quotidianità, in grado di fare i conti con il nuovo Sessantotto della politica, delle categorie del pensiero. Un Sessantotto nato nel cervello degli italiani, prima di tutto. Una rivoluzione assetata non di lotte cruente e di barricate, di vetrine date in frantumi selvaggiamente,  ma di un cambiamento reale e palpabile. Di una vera e totale inversione di rotta poichè qui, con o senza Monti, non se ne può davvero più, come recita del resto la realtá presente sul palcoscenico della vita. 
Famiglie e giovani che non ce la fanno, suicidi che aumentano. Gente che non regge: insomma il nodo scorsoio stringe sempre più la gola degli italiani e li soffoca di giorno in giorno. 
Nasce da questo scenario il nuovo Sessantotto fatto di scelte concrete e non di ideologie da sbandierare. 
Per questo il  confronto Annunziata - Camusso è stato sorprendente e imprevisto. Forse anche disarmante. 
Lucia Annunziata pronta a incalzare per capire fino a che punto potesse essere messo in campo un tipo di atteggiamento del sindacato in tutto e per tutto simile a quello delle "grandi occasioni". Un atteggiamento fatto di proposte di lotta e di governo dell'economia con mille idee e altrettante critiche per aprire scenari interessanti, ma nella piena consapevolezza della conduttrice del programma che ciò non fosse affatto possibile. Ecco il dato di partenza. 
Susanna Camusso, invece, per nulla disposta a  dire una sola virgola in più del necessario, con una prudenza magistrale e un atteggiamento guardingo. Mai visto prima di oggi. Pronta  a centellinare parole e frasi. Persino la punteggiatura. Altro che! 
Ecco dunque il nuovo Sessantotto, che lascia quasi tramortiti, increduli, finanche disorientati. Certo, nulla è deciso, nulla è scontato. Il rapido volgere della storia dirà cosa sta accadendo e soprattutto cosa accadrà, in una prospettiva assai ravvicinata. Ma non solo, anche in un tempo più lungo. 
  

lunedì 4 marzo 2013

VALTER LAVITOLA, IL LUCANO "PRODIGIO"




Quanti sanno  che Valter Lavitola, ex direttore dell'Avanti e manovratore indiscusso di alcune clamorose vicende italiane, è lucano di Noepoli? Ben pochi, credo. Lo sanno certamente gli abitanti del Pollino che hanno trovato più d'una volta, dietro la porta di casa, Valter  pronto a chiedere voti nelle campagne elettorali all'epoca della prima repubblica, indicando questo o quel personaggio da votare per meriti spesso ignoti. 
Com'è noto il grande Valter ha avuto un ruolo anche nell'ultima vicenda del sen. De Gregorio, destinatario (si sente dire) di una offerta di ben tre milioni di euro quale regalo per la sua scelta "autonoma" di passare al centro destra. In questa circostanza a far da cassiere sarebbe stato appunto lui,  il Valter dei tempi migliori: quelli in cui il giovanotto si permetteva il lusso di trattare a pesci in faccia finanche  il potente Cavaliere, rimbrottandolo come un ragazzino e rivendicando ruoli e riconoscimenti ben precisi. Altro che! E per estorsione, a danno di Berlusconi, è stato condannato a 2 anni e otto mesi di reclusione.
Insomma, l'uomo onnipresente. Il vero "prodigio", un personaggio di tutte le stagioni. Disinvolto, spregiudicato, noncurtante di tutto. Strafottente al massimo.
Al grande Valter arrivò nientemeno che la sbalorditiva direzione del famoso quotidiano socialista l'Avanti, il giornale che fu di Pietro Nenni, di Francesco De Martino, di  Craxi, di Enrico Manca e di tanti e tanti altri socialisti doc. Un giornale acquistato, dice Maria Lavitola sorella di Valter, in una intervista a tutto campo, in cui parla con distacco del fratello e mostra di non condividere nulla della sua linea. Una sola volta lo chiama per nome  e cerca di sottolineare i distinguo, necessari, inevitabili. Assolutamente importanti. 
Società vere o fantasma, prevalentemente in Sud America. Una sorta di impero, vero o falso, è tutto da vedere, diciamo per eccesso di garantismo. Una vita movimentata, fin troppo. Della quale tuttavia non ci si rende conto. Come non ci si rende conto del fatto che il giovane Valter abbia volato sempre molto in alto, al punto da parlare a tu per tu con Silvio. 
Se fosse rimasto a Noepoli Valter Lavitola non avrebbe conosciuto Berlusconi o  De Gregorio. E forse non avrebbe fatto parlare di sè come continua a far parlare. La notorietá, mai come in questo caso, ha un prezzo assai salato.